Piano Socio Sanitario, Gruppo PD “Un centinaio di proposte per provare a modificare un Piano che dimentica la persona e che andrebbe completamente riscritto”
Nuove assunzioni, abbattimento liste d’attesa; abolizione di Alisa; Psicologo di base nelle 32 case di comunità; un piano per la salute mentale; controllo della qualità delle prestazioni private; aumento delle borse di studio per specializzandi; piani per la sicurezza sul lavoro e incentivi per i medici di base che scelgono di operare nell’entroterra; medicina di genere, sono solo alcune delle proposte che il Gruppo PD in Regione Liguria presenta sotto forma di emendamenti e ordini del Giorno – un centinaio in tutto – al Piano socio sanitario Regionale.
Un Piano che è “carta straccia, che va completamente riscritto”, sottolinea il capogruppo del Partito Democratico in Regione Luca Garibaldi, relatore di minoranza del gruppo insieme ai consiglieri regionali PD Roberto Arboscello ed Enrico Ioculano.
“È un Piano che rispecchia appieno un atteggiamento “minimalista” della sanità pubblica e della politica sanitaria regionale che invece di costruire le condizioni per l’integrazione sociosanitaria nei fatti si consegna alla disintegrazione del sistema pubblico, sempre più debole e più esposto alle prossime crisi. Un quadro desolante – lo descrive il capogruppo Luca Garibaldi – in cui il Piano rinuncia ad avere le ambizioni di guidare i processi, per la sua vacuità e la sua estrema flessibilità. La tattica di Toti e della destra, lungo questi anni, è stata di anestetizzare completamente gli elementi di discussione e di tensione sulla sanità, diluendoli in scelte che smontavano pezzo a pezzo gli elementi essenziali della sanità pubblica. Nei fatti le ASL sono state chiuse, ma formalmente restano; la privatizzazione degli ospedali come elemento di ingresso dei privati nella sanità ligure è stata sostituita con un flusso sempre maggiore di acquisto di prestazioni dai privati, che hanno eroso spazio e ruolo ad un pubblico sempre più in difficoltà. Servono investimenti costanti per ripristinare la centralità della cura e del benessere nella nostra regione, non con soluzioni tampone o con una progressiva e lenta ritirata del pubblico come organizzatore delle risposte ai bisogni di salute dei cittadini. Difendere il diritto alla cura è una scelta di civiltà”.
“Contestiamo questo Piano Socio sanitario – aggiunge il consigliere regionale PD Roberto Arboscello – perché non risponde alle istanze e alle criticità che le persone e i territori avanzano quotidianamente, come le lunghe liste d’attesa e la carenza di personale. Non vi è traccia di una programmazione della gestione della sanità, ma è una fotografia dello stato attuale delle cose senza però aver analizzato i numeri per comprendere il quadro. Sembra presentato più per dovere che per volontà di risolvere i problemi, è solo una fotografia dell’esistente (peraltro fatta senza un’analisi approfondita dei dati), manca di progettualità, scritto senza coraggio e senza prevedere alcun elemento di innovazione e nuove progettualità. Un piano che non risponde alle emergenze che sta vivendo il territorio. Abbiamo fatto delle proposte, chiedendo un piano di assunzioni organico e un programma che consenta il reale abbattimento delle Liste d’attesa, che se accolte potrebbero attutire in parte gli effetti negativi di questo Piano, come la proposta di aumentare le borse di studio per gli specializzandi in modo da aumentare le opportunità di accesso ai corsi di specializzazione dell’area medica e dare risposte concrete all’aumento di fabbisogno di personale, chiedendo l’impegno di prestare l’attività nelle strutture sanitarie liguri per un periodo almeno pari alla durata della specializzazione. La sanità pubblica ligure purtroppo sta vivendo il periodo più buio di sempre: è ormai sull’orlo del baratro. Con questo Piano socio sanitario la Giunta Toti ha gettato la maschera mostrando tutta la sua incapacità. Ma non consentiremo di staccare la spina”.
“Attraverso questo provvedimento – aggiunge il consigliere regionale PD Enrico Ioculano – si rende evidente la volontà dell’amministrazione Toti di non voler intraprendere una vera politica sanitaria in modo organico. Una programmazione seria si dovrebbe fondare su uno studio epidemiologico, ossia lo studio della distribuzione e della frequenza delle malattie e delle condizioni o eventi legati alla salute sulla popolazione, per capire i fabbisogni dei liguri per poi attuare interventi conseguenti di riorganizzazione delle aziende e dei servizi. Invece si preferisce approvare un documento talmente generico da risultare sterile che consente di volta in volta di non prendere posizione di fronte alle criticità e di perpetrare interventi volti al solo consenso che nulla hanno a che vedere con i problemi sanitari dei cittadini. Le 32 case di comunità previste vengono presentate senza sapere cosa dovranno produrre, quanto dovranno produrre e, soprattutto, chi andrà a lavorarci. Al netto degli ottimi intenti sulla prossimità di cura e la retorica sulla presa in carico del paziente, al momento non c’è nulla se non l’individuazione dei siti per la realizzazione e qualche intendimento per l’utilizzo degli spazi. E mentre il genovesato mantiene un discreto livello di prestazioni sanitarie, nelle aree periferiche il sistema è particolarmente sotto pressione per la carenza di medici e personale. Ma per ridurre questo gap nulla è previsto. Nulla è previsto per abbattere le disuguaglianze sociali accorciare le distanze dai luoghi di cura e ancora una volta la persona non è messa al centro”.